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La Bellanotte

ORIGINI

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Villa Baselli
La Villa Baselli, già Strassoldo, indicata sulle vecchie mappe catastali come la “casa dei Ronchi”, ma più comunemente è conosciuta con l’appellativo “ La Bella Notte”. Questo nome le è stato attribuito dopo che un suo proprietario perse e riguadagnò, in una notte burrascosa, villa e terreni giocandoli d’azzardo. C’è pure un’altra versione più libertina che narra di un appassionato convegno galante di uno Strassoldo con una giovane fanciulla. I bacchettoni la nominavano, infatti, con l’appellativo di “Villa Mala Notte”. Ma come sempre in tali frangenti non è chiaro fino a dove tutto corrisponda a verità e dove inizi la fantasia popolare. Il termine “ronco” che indica l’ubicazione della villa, è riservato alle colline solcate da terrazzamenti. Quello su cui sorge l’edificio in questione si è formato nei millenni quando le acque dell’Isonzo lambivano la zona. Per alcuni storici sulla parte superiore della proprietà, appannaggio degli Strassoldo, si elevava il castello di Farra, presente già prima del 1000 come possesso degli alti prelati di Aquileia e poi dei conti di Gorizia. Nel 1215 fu distrutto dal conte Mainardo assieme al vicino ponte romano.
La tenuta fu acquistata per compravendita il 22 aprile del 1695 da Zaccaria von Baselli. Parte venditrice fu la contessa Regina Elisabetta di Strassoldo, nata baronessa von Scharffenberg; il conte Veith (Vito) di Strassoldo concesse l’approvazione in qualità di marito. Il contratto riservava il diritto che venissero concessi al compratore ed ai suoi eredi i distretti di Farra, Grotta e Villanova situati nei possessi degli Strassoldo. Dalle proprietà rimasero esclusi una cappella a Villanova, un prato cha apparteneva al conte Orfeo di Strassoldo ed un fabbricato adibito a capanno da caccia. Il prezzo della compravendita fu fissato a 7.100 fiorini. La famiglia dei conti Strassoldo – Villanova era presente a Farra già dal 1377 quando le fu affidata la giurisdizione civile e criminale del luogo da parte del patriarca di Aquileia Marquardo di Randek. Essa esercitò tale diritto fino al periodo della rivoluzione francese, che segnò la fine di ogni privilegio. Durante l’epoca napoleonica i conti di Strassoldo del ramo di Villanova si trasferirono a Gorizia. Il ramo di Farra invece si estinse con la morte dell’ultimo suo esponente, il conte Filippo Antonio (1739-1813), il quale studiò al Collegio Germanico-Ungarico a Roma e nel 1762 fu ordinato sacerdote. La villa è facilmente visibile dalla statale che conduce a Gradisca d’Isonzo. Per raggiungerla bisogna attraversare un ponticello posto sopra il canale costruito nel 1529 su progetto dell’ing. veneziano Francesco Diana che, convogliando acqua dell’Isonzo, alimentava il fossato della fortezza di Gradisca d’Isonzo. Nei pressi del ponticello fu posto nel 1742, per volere di Nicolò Francesco de Baselli, un capitello contenente la statua di San Giovanni Napomuceno, il Santo chiamato anche “S. Giovanni delle acque”. Egli fu fatto decapitare nel 1383 per ordine del re Venceslao, oppositore della religione cristiana, e gettato nelle acque della Moldava. Da allora nei pressi dei ponti si può vedere la sua effigie a protezione di tutti coloro che lavorano sui fiumi. Nel 1989 la statua ed il simulacro vennero restaurati e benedetti dall’Arcivescovo Padre Antonio Vitale Bommarco, che celebrò una messa nella chiesetta della villa, riconsacrata dall’allora vescovo di Trieste mons. Antonio Santin. Come ogni antico palazzo che si rispetti anche la villa Baselli è segnata da un velo di mistero: Giuseppe Marcotti nel suo romanzo “Il conte Lucio”, nel quale racconta la terribile morte della contessa Eleonora di Madrisio (Ungrispach) per mano del di lei cugino Nicolò conte di Strassoldo, nominò la villa come l’abitazione di un ambiguo individuo cattivo consigliere dello Strassoldo, identificato semplicemente con il nome di “conte Trifone”. Attualmente la villa è proprietà della signora Giuliana Guadagni.
Testo tratto dal libro:
1001 Gorizia 2001
Nobiltà della contea – Palazzi, castelli e ville a Gorizia, in Friuli e in Slovenia
di Giorgio Geromet e Renata Alberti
Edizioni della Laguna

STORIA

Era Guadagni - Benassi

Il legame tra le famiglie Guadagni-Benassi e la terra del Friuli va indietro negli anni e risale alla seconda guerra Mondiale. Uno zio della famiglia Benassi, Ezio, era stato soldato e aveva fatto la guerra in Friuli. Molti anni dopo la fine della guerra, durante una delle consuete visite annuali per il 4 Novembre al Sacrario di Redipuglia, il signor Ezio riesce a ritrovare il luogo che era rimasto impresso nella sua memoria: una cantina nella zona di Cormons, Roncada, dove aveva visto scritto sulle botti di legno la scritta: “vino per gli italiani”. Così nacque l’amicizia tra Ezio e Antonio con suo figlio Corrado che abitavano in quel borgo.
Successivamente il Signor Ezio Benassi portò a visitare questi luoghi i suoi fratelli e le figlie e così i rapporti continuarono anche nelle generazioni future: il fratello Valentino con suo figlio Piero e la moglie, la signora Giuliana Guadagni, con la figlia di Corrado ed il marito.
Nel 1982 l’azienda ormai dismessa viene acquistata dal Cav. Benassi e la moglie, la Signora Giuliana Guadagni. I Signori, che provengono da un altro settore ma con radici storiche di cultura contadina, dedicano il proprio cuore/amore nel restauro sia architettonico che eno-tecnico dell’azienda. Passati tre anni, nel 1985, l’azienda riprende la propria attività di produzione e vendita di vini sfusi (700hl annui) grazie anche al caro amico friulano Luciano che, insieme ai nuovi proprietari, si dedica anima e corpo nella conduzione della nuova azienda agricola “La Bellanotte”.
L’azienda ingrana subito una quinta marcia e distribuisce tutto il prodotto in Toscana, terra d’origine dei nuovi proprietari e patria per eccellenza del buon vino.
Nel 1987 l’azienda inizia ad imbottigliare una parte del prodotto – circa 10mila bottiglie annue – su esplicita richiesta di alcuni clienti, che ne hanno così l’esclusiva nella mitica Versilia degli anni ’80. Anno per anno le richieste sono andate aumentando sempre più, arrivando alla metà degli anni ’90 all’imbottigliamento su prenotazione di circa 25mila bottiglie.
Nel 2000 si abbatte un grosso temporale sull’azienda: viene a mancare l’amico Luciano spento da un’improvvisa ma letale malattia che, essendo ormai il cuore dell’azienda, la lascia in balia di una profonda crisi tanto da portare i proprietari, tornati in Toscana, a pensare di doverla cedere.
Fu il loro primogenito Paolo, poco più che venticinquenne, grande appassionato del vino e del mondo che lo circonda, che si addossò la grandissima responsabilità di provare a rimettere insieme una bellissima realtà, fatta di sforzi ma anche di soddisfazioni, che rischiava di svanire per sempre.
Così ha inizio la nuova era della “Bellanotte”!!! Paolo coinvolge lo studio “VinoVigna”, cui fa capo l’amico ed enologo Claudio Gori, nell’ambiziosa avventura di far nascere dei bambini (così Paolo ama definire i suoi vini) che ambiscano a far parlare di loro, un po’ vanitosi…come le belle donne che hanno sempre animato la vita nella storia seicentesca della Bellanotte fatta d’amori, sotterfugi e giochi d’azzardo!!!
Con “VinoVigna” nel 2000 inizia subito un grande lavoro che, come evidenzia lo stesso nome, incomincia nel vigneto per poi passare alla trasformazione ed arrivare in cantina; ad oggi “La Bellanotte” ha otto ettari vitati e produce circa 50mila bottiglie.
In vigna si inizia con la tiratura a tralcio unico e si introduce la potatura verde, sentita come una “bestemmia” per chi lavora la terra da anni con il concetto di massima produzione dal momento in cui gli viene chiesto di passare ad una produzione massima per ceppo di un chilo.
Nel ciclo di raccolta e trasformazione si torna alla raccolta manuale in cassetta e si acquistano macchine di nuova concezione per la trasformazione. In cantina si inizia un controllo meticoloso dell’igiene, della pulizia delle vasche e della cantina stessa; vengono anche introdotti una serie di controlli e di analisi sui mosti e successivamente anche sui vini.
La domanda rivolta a Paolo “sostanzialmente cos’è cambiato?” ci ha lasciati a bocca aperta…“Niente!!! Abbiamo solo rivisto ed affinato le tecniche ed i metodi che iniziano nella vigna e finiscono quando il vino viene imbottigliato. La parte più dura è stata parlare con la gente che lavora in campagna da sempre e spiegar loro che una vite che porta solo un chilo di bacche non è da considerarsi malata ma anzi, la madre di un’opera d’arte!!! Per concludere… vorrei una volta io permettermi di criticare i critici! Credo che molte persone, e questo non vuol dire tutti, quando sono di fronte ad una bottiglia devono smetterla di volervi trovare per forza di cose dei difetti, ma riuscire a vederne anche la parte buona, cosa che invece spesso è saltata a priori, ma soprattutto essere umili, poiché bisogna ricordarsi che dietro ad una bottiglia ci sono sempre storie di vita, passione e lavoro duro perché per poter creare una bottiglia di vino c’è un percorso che dura anni di intenso lavoro. Con questo non voglio togliere niente a nessuno, in quanto fortunatamente abbiamo ottimi degustatori e bevitori che riescono ad apprezzare i prodotti del nostro splendido paese, ma vorrei solo indurre tutti noi ad una riflessione che possa allungare il tempo che trascorre tra la degustazione di un vino e il momento in cui apriamo la bocca…”
Vorrei davvero finire esprimendo un mio pensiero che amo sempre ricordare “non esiste un gran vino che non porti dentro di se una vena di poesia, senza poesia i vini diventano piatti e insignificanti, senza poesia i vini muoiono“
Paolo

STRUTTURA

Un'azienda familiare

L’azienda è strutturata su base familiare, le decisioni più importanti si prendono tutti insieme, la sera dopo cena, quando ognuno può dire la sua!
La rappresentanza friulana dell’azienda è la Signora Cristina Visintin che si occupa del commerciale, tipica donna friulana. Se dovessi paragonarla ad un vino sceglierei il Cabernet Franc che, quando lo porti al naso, ti prepara a qualcosa di molto difficile da domare ma poi, in bocca, ti sorprende con la sua morbidezza, la sua dolcezza ed il suo savoir-fair.
Francesco Mreule è il cantiniere, classe 1987, nel 2010 entra a far parte dell’Azienda la Bellanotte.
Quando chiediamo a Paolo di parlarci di lui ci dice: “un uomo semplice, umile, che ancora crede nei veri valori e nella poesia che serve per fare un buon vino!! Testardo quanto basta per essere un grande collaboratore senza il quale sarebbe difficile essere cresciuti fino a farci conoscere ormai in tutto il mondo!!”